Intervista a Manuela Salvi, autrice di “FAMIGLIE E ALTRI SCOMPIGLI”
“Famiglie e altri scompigli” è stato il primo titolo di Librì pensato per un lettore un pochino più grande rispetto a quelli già pubblicati in precedenza per i #Collilunghi.
Manuela Salvi aveva già lavorato con noi e abbiamo pensato lei fosse la “penna” giusta per parlare di un tema delicato come la famiglia, in tutte le sue possibili declinazioni. Attraverso alcune domande ci rivela alcune curiosità legate a questa storia e agli incontri con le scolaresche.
Dall’ispirazione iniziale, come hai proceduto, come hai pensato ai personaggi, ti sei ispirata a qualche famiglia “che conosci?
“Il condominio è stato la mia principale fonte di ispirazione. Il condominio all’italiana in cui molti di noi hanno vissuto o vivono, ma anche quello letterario di libri come “L’eleganza del riccio”.
“Ho sempre amato questi palazzi che nascondono dietro le loro finestre vite diverse e storie imprevedibili, persone che magari si salutano appena quando si incrociano e che invece potrebbero diventare amiche”.
“Nata e cresciuta in un posto così, ho accumulato dentro di me centinaia di storie, di voci ascoltate attraverso le pareti, di immagini sbirciate dalla finestra. E quello che ho fatto per questo libro è stato creare da queste memorie una sorta di campionario pazzo e in un certo senso ideale per il tema che dovevo trattare”.
Cosa colpisce particolarmente studenti/esse, quali sono le domande più curiose e interessanti che ti fanno quando li incontri con questo titolo?
“I bambini che ho incontrato mi hanno detto soprattutto di aver riso tantissimo. Ridere è un ottimo modo per aprire cuore e mente a grandi temi, e quindi sono contenta di aver raggiunto lo scopo principale che mi ero prefissa scrivendo questo libro.
“È un po’ il mio tratto distintivo nella scrittura: quando il tema si fa serio e va raccontato ai più piccoli, uso l’ironia”.
“Una cosa interessante che mi è capitata in una scuola di Scampia, quando ho chiesto ai bambini di immaginare una famiglia alternativa da poter inserire in un palazzo come quello del libro, è stata l’idea di una bambina di quinta: una famiglia in cui il bambino purtroppo morto è rimasto sotto forma di fantasma. Una conferma di come i bambini siano ricettivi e portati alle riflessioni importanti”.
Quali sono state invece le resistenze e le difficoltà nel parlarne?
“Come è giusto che sia, i bambini hanno un’idea di famiglia abbastanza rigida, che gli arriva anche dalle narrazioni a cui sono esposti quotidianamente. Quello che cerco di fare è trasmettere il messaggio che “famiglia” è anche il cerchio di affetti che siamo capaci di crearci al di fuori del nucleo di origine. Per dire soprattutto che se ti è andata male con i legami di sangue puoi rifarti all’esterno, oppure che se ricevi molto amore dai tuoi familiari puoi usarlo per creare altri legami affettivi che possono aiutarti a conoscere nuovi lati di te stesso”.
“Sono abbastanza scettica davanti all’idea che “famiglia” debba essere un concetto soffocante e autoconclusivo, come viene propagandato oggi”.
“Io sono cresciuta in una famiglia accogliente in cui esterno e interno erano sempre in comunicazione e gli amici avevano una grande importanza nella nostra vita. La mia zia preferita per esempio non è una mia parente di sangue, ma la chiamo zia da sempre e per me lo è a tutti gli effetti. Questo atteggiamento di apertura ci ha permesso di avere una maggiore resilienza davanti ai momenti difficili e alle
Acquista subito il nuovo titolo della collana Collilunghi